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Primo premio Concorso Letterario sul tema della pace e del terrorismo, indetto, nel dicembre scorso, dalla Consulta Comunale Giovanile in collaborazione con l'Amministrazione comunale di Avola(SR)

 

"SI VIS PACEM, PARA VERBUM"

Guerra e terrorismo? L'arma migliore è il dialogo

 

di Emanuela Vinci

 

 

Pressanti e angosciosi come sono, i temi del terrorismo, della guerra e della pace trovano espressione in testi di ogni tipologia: suscitano le riflessioni dei pensatori, risvegliano l’attenzione dei giornalisti, ispirano i sentimenti di scrittori e poeti.

Quando parliamo di terrorismo ci riferiamo generalmente ad azioni di gruppi che uccidono prevalentemente civili allo scopo di terrorizzare la parte avversaria; diverso è invece il concetto di guerra con il quale comunemente si indicano quelle azioni mirate a colpire soldati armati.

Nel mondo attuale esistono terrorismi di ogni genere ma solo quello di matrice islamica pare destare preoccupazioni mondiali.        

Dopo l’11 settembre, infatti, l’occidente e il mondo intero si sono sentiti minacciati e soprattutto è nata la preoccupazione che possano essere utilizzate armi di sterminio di massa, quali quelle nucleari e batteriologiche; armi di cui tuttavia non è stata mai provata l’esistenza.

Il terrorismo islamico è mosso da una cieca fede religiosa e mette tutto nelle mani di quel “Dio” al quale i mussulmani credono di ubbidire; l’Islam infatti non sembra comprendere la differenza che noi facciamo fra politica e religione: le due cose, pressappoco, coincidono. Per noi Occidentali quindi è molto difficile capire le ragioni che spingono i mussulmani a compiere simili gesti, in quanto viviamo in tutto altro orizzonte culturale, ma di sicuro tutti siamo d’accordo sull’esistenza di un pericolo grave che ci minaccia. A conseguenza di ciò tutto l’Occidente condanna senza remore e unanimemente il terrorismo islamico e, riguardo al modo con cui combatterlo,  si sono formate due correnti:  il polo pacifista,  che  è  contrario alla guerra e a ogni intervento militare; e il polo militare - interventista, che prevede un’azione militare per soffocare il terrorismo.

L’Amministrazione USA, all’indomani degli avvenimenti dell’11 settembre, ha chiaramente e coscientemente scelto l’opzione militare - interventista a seguito della decisione di Bush di iniziare una “guerra preventiva”, guerra che, secondo le sue affermazioni, dovrebbe prevenire un conflitto ancora più grande. Tale concetto, per noi giovani, è ancora più aberrante del terrorismo in sé. Ma del resto, chi con un minimo di intelligenza può credere a tale “colossale menzogna”? È, a dir poco ovvio, che dietro al concetto di “guerra preventiva” non vi è la lotta contro il terrorismo, bensì il desiderio di Bush di assumere il controllo delle fonti energetiche e di ottenere il predominio politico in Oriente.

In generale, il pensiero comune è che quasi tutte le guerre e gli attacchi terroristici derivano oltre che da un interesse di tipo economico, anche dal desiderio di prevalere sugli altri.

Nonostante gli incredibili progressi compiuti dall’umanità non siamo riusciti a mutare la nostra natura, quell’istinto crudele e violento che ci induce a sopraffare i nostri simili e a cercare di imporci ad ogni costo sugli altri. Oggi si parla tanto di globalizzazione e, superficialmente, il suo significato viene ridotto solamente ad un processo di tipo economico e produttivo. Si dovrebbe però iniziare a parlare anche di una “globalizzazione dei valori” alla cui base mettere il dialogo e un certo grado di tolleranza e di collaborazione tra i popoli. Sono infatti l’intolleranza, il fanatismo, l’egoismo e l’interesse economico che ci hanno portato ad essere sempre più “superficialmente menefreghisti” e ad apprezzare le cose materiali più dei sentimenti, quei sentimenti che ci rendono tutti “umanamente uguali”.

La violenza è storia di sempre; l’umanità non è mai riuscita a ritenersi soddisfatta delle sue micidiali invenzioni messe al servizio della guerra; dal bastone alla fionda, dalla lancia al fucile, sino agli ordigni più sofisticati dell’era atomica: un risultato agghiacciante, pur conseguito grazie alla nostra intelligenza, dietro la quale però c’è anche un’enorme stupidità.

Nulla è più terribile della guerra, nulla più prezioso della pace. Questa è un’affermazione ovvia, quasi scontata, ma che indica due realtà: “guerra e pace”, la prima così difficile da evitare, l’altra così ardua da ottenere e mantenere stabilmente.

Anche la guerra è storia di sempre; anche in passato, infatti, gli uomini hanno sempre combattuto guerre. I latini sostenevano che essa era uno strumento di pace: « Si vis pacem, para bellum », e i futuristi parlavano di guerra come strumento di “igiene del mondo”, ma non si è mai capito se “quegli uomini” facessero la guerra per ottenere la pace o, piuttosto, rompessero la pace per fare guerra.

Queste infatti, sono solo “utopie”, convinzioni poco razionali, quasi delle giustificazioni utilizzate per farci credere che la guerra è un’invenzione positiva. Ma non lo è, è impossibile negarlo, e la società, invece di insegnarci “valori” sbagliati, dovrebbe capire che ci sono cose ben più importanti del “potere” e del “denaro”. Oggi infatti, visto il punto in cui siamo arrivati, visto che ai telegiornali non si fa altro che parlare di terrorismo, guerre, attentati, omicidi, e “Dio sa di chissà cos’altro”, nessuno può permettersi di utilizzare la pace per giustificare la guerra, perché di pace non si tratta più.

Non possono “darci a bere” che il motivo di tanto odio e violenza è quello di arrivare ad “accordi pacifici” , questa è solo una menzogna dietro al quale si nascondono l’egoismo e la smania di ricchezza e di potere degli “autocrati”.

Noi dovremmo quindi essere meno “creduloni” ed “egoisti” e dovremmo far nostre le esperienze passate e presenti, ma anche i messaggi di quegli scrittori e di quei poeti che non “lodano” la guerra ma la “condannano”. Sulla base di ciò, significativa si dimostra la poesia “Vincitori e Vinti” di Berthold Brecht, nel quale l’autore esprime il suo pensiero riguardo una guerra che provoca sempre morte, dolore e distruzione, non solo tra gli “sconfitti” ma anche tra i “vincitori”. Quando poi, come accade quasi sempre, la guerra è “decisa potenti” per interessi che ben poco hanno a che vedere con quelli dei popoli, per la gente comune risulta “quasi indifferente” essere fra vinti o trionfatori: “la fame è la stessa, la miseria è la stessa, la sofferenza è la stessa!”

La guerra è “un’invenzione” tutt’altro che positiva, ma che, come tutte le altre invenzioni, una volta che è stata conosciuta e accettata dagli uomini, non viene abbandonata tanto facilmente. Così la guerra è diventata una parte del nostro modo di pensare: “Se i guerrieri morti sono immortalati nelle parole dei poeti, se i giocattoli dei bambini sono modellati sulle armi dei soldati, se gli uomini di stato parlano sempre e solo di guerra, che speranze possiamo avere di riuscire a persuadere, ad abbandonare la guerra, Nazioni che ne fanno ricorso in quasi tutte le circostanze?”

Nonostante quindi la guerra sia “un’invenzione sbagliata” essa è destinata a permanere fino a quando non risulterà evidente l’esistenza di metodi ben più razionali cui ricorrere per dirimere le controversie etniche e internazionali.

Alla luce di questo e degli innumerevoli disastri cui ci ha condotto la guerra finora, le antiche affermazioni dei futuristi e dei latini, lette con occhio più razionale, dovrebbero essere smentite e gli uomini, ma soprattutto noi ragazzi dovremmo far capire al mondo che la guerra è sbagliata e che «Si vis pacem, para verbum».

 

 Emanuela Vinci